Teatro

Un assessore alla cultura che se ne intende: Massimiliano Finazzer Flory

Un assessore alla cultura che se ne intende: Massimiliano Finazzer Flory

L’ho incontrato all’inaugurazione del rinnovato Teatro di via Menotti in occasione della presentazione della 41° stagione del TiEffe, un tempo annidato al Teatro dei Filodrammatici, in pieno centro e poi adattatosi a stare in periferia.  Il direttore Emilio Russo ha molto lottato e finalmente ha ottenuto l’ex sede del Teatro dell’Elfo, che si è invece spostato da un anno nello spazio bellissimo dell’ex cinema Puccini, in corso Buenos Aires. Ma io sono incuriosita dalla figura del nostro attuale assessore alla Cultura del comune di Milano, l’uomo che ha preso il posto di Vittorio Sgarbi a fianco del sindaco Moratti: Massimiliano Finazzer Flory. Più giovane di Sgarbi, direi più bello e decisamente molto più signore nei modi e nei termini. Occhi azzurri che ti scrutano mentre si conversa, sorriso duro ad aprirsi ma, quando riesce, tutta la faccia diventa più morbida.

Così ho voluto intervistarlo, già sapendo che è nato 46 anni fa, è di Monfalcone, è stato uomo di teatro, autore, regista e attore in produzioni orientate alla rivisitazione delle pagine della letteratura mondiale e al rapporto tra fede e ragione. I premi che ha vinto sono impressionanti, dall’ultimo avuto lo scorso ottobre, il Premio della Cultura nell'ambito del Premio delle Arti, XXII Edizione, per "la preziosa politica culturale riferita proprio all’attività museale, orientata a gestire, servire e indicare; giacché con linee guida si è mosso per accogliere e sviluppare consapevoli processi comunicativi e campionare i tiranti della gestione creativa internazionale".  Aggiungo che il 7 dicembre 2007 gli è stata conferita dal Comune di Milano la Medaglia d’Oro di Benemerenza Civica Ambrogino d'Oro perché "in qualità di saggista, autore di teatro, editorialista e curatore di rassegne culturali, ha fatto di Milano in questi anni il centro di una serie di eventi che coniugano partecipazione popolare e qualità di contenuto". Nel mese di novembre 2008 gli è stato assegnato il Premio Nazionale di Poesia Lorenzo Montano per il suo ‘Trittico sulla parola’. Ce ne sarebbero altri ma ora voglio ascoltarlo.

Cosa ne pensa del riutilizzo di questo spazio teatrale?

Un evento auspicato un anno fa ora si realizza! “I Demoni” di Dostojevski, diretto da Peter Stein e prodotto da TiEFFE, ci ha fatto conoscere in tutto il mondo. Io dico grazie a questo teatro che offrirà un punto di riferimento al quartiere, perché il teatro è come un pronto soccorso: dà molto alla gente che vi abita attorno.

Le piace il cartellone?

Complimenti per la stagione, vedo autori classici ma anche un Gaber, che favorisce l’uso del pensiero libero. Mi auguro che ci sia la possibilità di dare formazione, in modo che il teatro agisca 24 ore al giorno. Credo che un teatro che apre è una nuova avventura e se ne osserva l’impiego maggiore perché la sfida al territorio è complessa. Se non si possono dare aiuti economici, almeno il sostegno di comunicazione e visibilità sì.

Cosa l’ha colpita di più del nuovo Menotti TiEFFE?

Il motto della stagione: “Potranno tagliare tutti i fiori ma non potranno fermare la primavera” di Neruda. E’ stato pure detto: “Lentamente muore chi è schiavo di abitudini, chi non parla con chi non conosce, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non crede più nella parola. Ma essere vivi è molto più interessante che respirare”.

Cosa ama vedere a teatro, lei, oggi?

Io scelgo il teatro che si confronta con la contemporaneità e che privilegia la parola pensata. Bisogna evitare che Milano si chiuda ai classici e si rivolga invece alla nuova drammaturgia.

Incoraggia quindi i giovani a partecipare a questo mondo?

Io tengo molto a chi saprà creare testi di memoria emotiva.

A lei piace uscire per andare a teatro?

Sì e bisogna anche avere la voglia e l’interesse di frequentare i teatri minori, non solo le grandi sale del centro. Il teatro è un modo di vita, prima ancora di essere un fatto culturale. Il teatro per me è un’esperienza antropologica.

Qual è lo spettacolo che ha visto di recente e che ha molto amato?

L’ingegner Gadda va alla guerra’, interpretato e ideato da Fabrizio Gifuni, al Teatro Parenti, tratto da Carlo Emilio Gadda e da Shakespeare, con la regia di Giuseppe Bertolucci. E' stato il lavoro più vicino a quello che io considero migliore assoluto.

Le piacerebbe fare ancora l’attore?

La mia attività attoriale continua. Sono un attore che svolge anche l’attività di assessore, non viceversa (e finalmente sorride... n.d.r.)